massera ha scritto:
Ho capito Tuner, ma se non riduci il costo del lavoro le imprese non assumeranno mai. In Italia c'è poi la tendenza a considerare i 40enni, anche con esperienza, gente da buttare. Tra i costi generali dell'area euro alti c'è anche quello del lavoro...
Un operaio tedesco, nel 1999 (cioè prima dell'euro), portava a casa uno stipendio DOPPIO del suo corrispondente italiano, ma non mi pare che la Germania sia andata in crisi, nonostante questo.
Il problema italiano è l'inefficienza complessiva dell'apparato, unitamente ad aziende che hanno caparbiamente continuato a produrre prodotti obsoleti, il cui prezzo è diventato anche poco competitivo nel momento in cui sono cessati gli aiuti statali, che sono sempre stati destinati ai soliti noti.
Come era evidente, gli utili di questi soggetti (più faccendieri che imprenditori) erano privati (cioè loro) ma le perdite sono sempre state pubbliche.
Una situazione del genere ha anche creato degli oligopoli ed alimentato un indotto che difficilmente ha trovato sbocchi alternativi, quando il "made in Italy" ha chiuso od è stato delocalizzato nell'ex Europa dell'EST, in Sudamercia, in Asia ed in Africa.
Rincorrere "successi" e metodi come quelli dei cosiddetti Brics, implica che una buona percentuale della popolazione dovrà vivere sotto la soglia di povertà, cosa che in Europa assumerebbe proporzioni devastanti ed un impatto insostenibile... perchè un conto è nascere e vivere poveri nelle favelas, sapendo in partenza che non esiste alcuna tutela sociale/sanitaria/pensionistica, tutt'altro, piombarci dentro in corso d'opera (e più sei aventi con gli anni e peggio è), senza colpe personali dirette.
Aggiungo che considerare vecchi i 40enni e dare spazio ai giovani con lavori sottopagati, precari od impagati (stage), allungando nel contempo l'età pensionabile in un sistema che è diventato contributivo per sostenere i privilegiati del passato, significa destinare molte persone, cioè i giovani e chi perde il lavoro, a pensioni di vecchiaia, sempre che, in condizioni simili, alla vecchiaia ci si arrivi.
massera ha scritto:
Per il resto, gli economisti si limitano a fare solo osservazioni, sono un pò come i meteorologi, e il mondo reale (anche quello economico) è chiaro che è diverso.
Personalmente (ai tempi) ho seguito due percorsi di istruzione superiore, una economica e l'altra tecnica, per cui penso di avere una buona visuale...
massera ha scritto:
Ma per creare lavoro le strade sono tre, strade teoriche, d'accordo, ma quelle sono:
1) Stampare moneta e darla direttamente alle imprese, con la promessa di assumere, creando cosi inflazione ad alti livelli, anche se nel breve periodo aumenterebbe l'occupazione (trade-off tra inflazione e disoccupazione)
Ma ciò significherebbe anteporre il bene collettivo a discapito dei patrimoni FINANZIARI, ovvero svalutare la moneta corrente, cosa che chi sta bene, proprio non vuol sentire.
...dato che chi "sta bene "comanda e guida" le scelte di politica industriale e fiscale, almeno per ora, non vedo spazi per interventi su vasta scala di questo tipo, quantomeno in Europa ed in Italia.
(...potremo continuare così, a patto che siano attenti a non portare alle "favelas" il popoli Europei, troppo velocemente)
massera ha scritto:
2) Riduzione del costo del lavoro, in maniere e fasi diverse.
Se non ci si preoccupa di avere/creare un mercato che assorba ciò che si produce (ed un serissimo problema è che il nostro mercato interno non assorbe granchè della produzione italiana), è perfettamente inutile produrre, perchè non ci si guadagna. Il benessere sociale e l'allungamento della vita media nel mondo occidentale derivano da redditi (e prestiti) che hanno permesso alle persone una disponibilità oltre la mera sussistenza, unita alla tranquillità di poter pianificare, almeno in parte, il proprio futuro.
Tutto ciò è stato possibile, dagli anni 50 fino alle soglie del 2000, perchè le nazioni più importanti perseguivano politiche monetarie espansive e chi gestiva il credito, quantomeno una buona parte, tendeva (o era obbligato dalle leggi) a finanziare la produzione od il consumo, non la speculazione che scommette sulla crescita illimitata dei prezzi delle materie prime o sui fallimenti dei creditori.
massera ha scritto:
3) Concessione di prestiti alle imprese con conseguente aumento del debito pubblico... cosa impossibile, ai livelli cui è..
Ho già scritto fra le righe che oggi, abbandonate le politiche monetarie espansive, od almeno la posibilità di servirsi della leva monetaria per sostenere una qualunque politica di risanamento , gli Stati sono alla mercè della finanza, anche solo per rinnovare il loro debito. Se lo Stato non batte moneta, se il mercato soffre di illiquidità sistemica e gli unici ad essere "salvati" sono gli istituti di credito, significa che i denari delle tasse vanno, in una certa parte (o in toto) dagli stati alle banche.
Ora, se nessuno ha fatto assolutamente nulla per dare regole al sistema creditizio e finanziario, la poca liquidità circolante non va a finanziare la cosiddetta economia reale (ci si guadagna poco e non se ne conoscono le prospettiva) ma continua ad essere utilizzata a fini speculativi.
Credere che gli Stati in difficoltà possano attuare politiche di crescita in questo contesto senza un aiuto esterno significa illudersi di una cosa irreale, che non sta nè in cielo nè in terra.
...se poi, come nel caso dell'Italia, anzichè chiedere gli aiuti di cui abbiamo bisogno, andiamo invece a finanziare i fondi (presto svuotati) a cui altri attingono, oltre a non poter investire nella crescita siamo pratcamente certi di andare a peggiorare la cose, quantomeno in termini di rapporto debito PIL.
Noi, intendo l'iItalia, dopo esserci andati a ficcare in guai grossi, facendo finta che tutto andasse bene quando invece c'era da correre per recuperare, stiamo ora attuando la politica di Buridano, che pensava di risolvere i problemi insegnando al suo asino a vivere senza mangiare.
massera ha scritto:
Ricordiamo anche che se negli anni '70 e '80 si lavorava tutti, era anche perché appena un'azienda andava in crisi subito scattavano le sovvenzioni governative per farla ancora lavorare, con conseguente aumento del debito pubblico, grazie anche alle tangenti.
E' ovvio poi che il mondo economico di 30-40 anni fa non è quello di adesso.
Il problema non è sovvenzionare le aziende in crisi temporanea, ma i profitti privati (di pochi) con l'aumento del debito pubblico.
Anzichè le buone idee e l'innovazione, cioè i veri imprenditori, in Italia si sono versati fiumi di denaro per far ingrassare le solite ricche e potenti famiglie, che si sono sempre astenute dal rischiare i propri capitali nelle loro attività (e chi potrebbe dargli torto).
E' ovvio che a lungo termine, fare impresa mettendo intrallazzatori e raccomandati a fare da AD, non porta le aziende ad essere realmente remunerative e ad offrire ai mercati prodotti innovativi e richiesti, ma le trasforma in scatole vuote ed in "carrozzoni".
Personalmente credo che la politica dovrebbe sempre perseguire il bene collettivo ed in quest'ottica, non è accettabile al mercato la possibilità di farsi le regole.
Senza un indirizzo di politica economica, senza stabilire le regiole e senza la possibilità della leva monetaria, non può esserci altro che la legge della jungla.